Il più desolante commento alla crisi di governo lo abbiamo letto sul giornale ufficiale del partito di maggioranza relativa: mentre nel Paese è diffusa una preoccupazione che si avvicina all'angoscia, davanti a questa carenza governativa in uno dei momenti più delicati di tutto il dopoguerra, il giornale della DC immagina che le dimissioni dell'onorevole Moro siano state accolte con "grida di trionfo" dagli avversari del centro-sinistra. [...]
Altro che "grida di trionfo". Il Paese, tutto il Paese sano, non si aspettava questa crisi, adesso. Non voleva una crisi dopo che per settimane erano stati preannunciati decisivi provvedimenti contro la congiuntura economica, misure che avrebbero fermato l'emorragia, interventi che l'economia italiana reclama da tempo e che i nostri consoci del MEC ci suggeriscono in modo sempre più pressante, meravigliati e indignati per il disordine che hanno trovato a Roma.
In una situazione come questa, senza decidere neppure uno dei provvedimenti annunciati, senza un gesto serio per ridare fiducia alla gente che lavora, il governo non ha saputo fare altro che andarsene. Il dissidio sulla scuola, che venne allegramente trascurato sei mesi fa, ha fatto oggi trovare il Paese senza guida nel peggiore momento che si potesse immaginare.
("Ne abbiamo basta di furbizia: è l'ora della lealtà") Epoca, 5 luglio
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Elezioni? I partiti dicono ciascuno per conto proprio di non temere le elezioni. [...] La situazione economica, intanto, incalza. Si è prospettata, nei giorni scorsi, l'eventualità di una svalutazione della moneta. C'è, naturalmente, chi preme in questo senso. Ma tale tendenza trova avversioni fermissime. [...] Essa gioverebbe per qualche settimana alle esportazioni, farebbe il gioco dei grandi monopoli e si risolverebbe a danno dei lavoratori, che dovrebbero subire salari puramente nominali. Non solo: ma essa porterebbe alla rovina un numero grandissimo di povera gente, che dovrebbe rassegnarsi ad una vera e propria rapina. [..]
Mario Missiroli
("Rivogliono Moro ma con chi?") Epoca, 5 luglio
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Siamo arrivati all'ultimo scalino. un altro passo e precipitiamo. In fondo alla scala, non c'è un androne che conduca alla porta d'uscita. C'è un abisso oscuro, dove si può trovare qualunque cosa: la miseria diffusa, la guerra civile, il colpo di Stato, la dittatura dell'estrema destra o dell'estrema sinistra. Meglio, dunque, in un momento come questo, parlare franco. Le democrazie politiche di tipo occidentale, i regimi liberi sono sempre preferiti dalla gente, anche da quelli che li avversano col loro voto, tranne pochi fanatici. E per questo vanno avanti anche nel disordine, e nell'inefficienza. Ma se a un certo punto il disordine, l'inefficienza diventano così grandi, così diffusi che nulla più funziona, e la piazza prende ad agitarsi, allora la maggioranza della gente, contro le proprie spontanee inclinazioni, finisce per accogliere con sollievo, con vile sollievo, una soluzione qualunque, che non è di forza ma di debolezza. È l'estremo infiacchimento delle istituzioni libere e di chi le regge che porta alle dittature, e non il vigore di chi sfrutta la situazione favorevole per imporsi. Noi siamo giunti a questo punto. O si risale la scala o si precipita. Fermi a quest'ultimo gradino non si può stare. Saremmo affascinati dall'abisso sotto di noi, la vertigine a un certo momento ci vincerebbe e cadremmo giù. [...]
Domenico Bartoli
("Siamo sull'ultimo scalino") Epoca, 12 luglio
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