sabato 12 gennaio 2013

THE HIGH NUMBERS - ZOOT SUIT/I'M THE FACE

 




Townshend e Entwistle compagni di scuola, nel 1959, mentre frequentano la Acton Grammar School formano una band chiamata The Confederates.    Townshend determinato a diventare  una pop star trascorre quasi tutto il suo tempo libero allo studio della chitarra, mentre Entwistle suona il corno francese nella Middlesex Youth Orchestra e studia pianoforte. Quando nel 1961 uscirono dalla scuola, Pete Townshend prosegue gli studi iscrivendosi all' Art College e John Entwistle trova lavoro come impiegato pubblico. Un anno dopo, Roger Daltrey, uscito anch'esso dall' Acton Grammar School, li invita a unirsi alla sua band, The Detours, dopo aver reclutato Doug Sandom, esperto batterista. Il gruppo costruisce il suo repertorio negli spettacoli dal vivo.    Nel 1964 incontrano Pete Meaden pubblicista freelance, che li trasforma in una immagine per i nascenti 'mod' e assicura loro un contratto discografico con la Fontana come The High Numbers. [...]
La grande occasione per la band viene quando un amico di Meaden, l'imprenditore Kit Lambert, è invitato, ad un concerto dei The High Numbers - Lambert era alla ricerca di una band per mettere su un documentario. Lambert e il suo socio in affari Chris Stamp (fratello dell'attore Terence) soddisfatti della band liquidano con 500 sterline Meaden e ne assumono il mangement. Girano un film promozionale della band (che ora comprendeva anche il selvaggio e teatrale Keith Moon alla batteria) e lavorano sulla loro immagine.   Nel novembre 1964, cambiano definitivamente il loro nome in The Who.

"The Tapestry of Delights" di Vernon Johnson (borderline production, 2006)








side a)
  • Zoot suit (meaden)


side b)
  • I'm the face (meaden)



cover (fontana - 6059259) reissue
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fontana - 6059259
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locandina - ZORBA IL GRECO (grecia)

 


con: Anthony Quinn, Alan Bates, Irene Papas, Lila Kedrova, Georges Foundas, Sotiris Moustakas, Eleni Anousaki, Yorgo Voyagis, Takis Emmanuel, Anna Kyriakou
Regia: Michael Cacoyannis

genere: drammatico
soggetto: dal romanzo di Nikos Kazantzakis
sceneggiatura: Michael Cacoyannis
fotografia: Walter Lassally
musiche: Mikis Theodorakis
produzione: Michael Cacoyannis
distribuzione: Dear-Fox
valutazione del CCC: Adulti con riserva (pur non essendo negativo, presenta elementi pericolosi anche per un adulto e merita obiettive riserve morali)

pubblicità - INNOCENTI (Lambretta)

 

martedì 1 gennaio 2013

CHET BAKER - THE MOST IMPORTANT JAZZ ALBUM OF 1964/1965

 



L' ascolto di un album può essere una sfida e un compimento. Cerco sempre di immaginare i motivi che giustificano la produzione di un album. Preferisco pensare che ogni impresa deve avere uno scopo, una concezione ... in sostanza, una ragione legata solo ad essa. Nel tentativo di leggere questo album di Chet Baker, è ovvio che ci sono motivazioni diverse che hanno portato alla sua realizzazione.
In primo luogo, si deve presumere che l'affinità di Chet è ancora per la musica melodica e vigorosa che era la caratteristica che distingueva la prima metà degli anni Cinquanta. Questo, nonostante il fatto che, per gli standard attuali, il contenuto melodico sembra essere stato relegato in una posizione di secondaria importanza. Il musicista jazz di oggi trova più soddisfacente (in qualche caso, alla moda) effettuare molteplici ricerche armoniche; l'atteggiamento  di Chet in merito, è sostenuto dalla scelta del materiale registrato in questo album. Ciascuna di queste composizioni mostra nella sua costruzione una devozione a lirismo libero o ad un rettilineo swing, come il tempo detta.
Un altro aspetto del suo modo di suonare e cantare è la passione apparente che Chet ha per l'economia. Economia in arte è un segno sicuro di maturità. La magia di sapere che cosa lasciare fuori può essere raggiunto solo dopo lunghe, e spesso costose, sperimentazioni. La capacità di avere un proprio punto di vista economico e conciso è il contrassegno del performer autosufficiente.

Mort Fega
(dalla cover del disco)


side a)
  1. Soultrane (damerom)
  2. Walkin' (carpenter-spencer)
  3. Tadd's delight (damerom)
  4. Whatever possess'd me (dameron-hanighen)
  5. Retsim B (galper)


side b)
  1. Gnid (damerom)
  2. Ann, wonderful one (carpenter-heinz)
  3. Mating call (damerom)
  4. Margerine (galper)
  5. Flight to Jordan (jordan)



cover (COLPIX - CP 476)
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COLPIX - CP 476
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A.C.E.A. - La Befana ai bambini dei propri dipendenti ("settecolli", febbraio 1964)

 

Venti anni di "MUSICA e DISCHI"

 


[...] Venti anni al servizio della propaganda, delle cronache e delle documentazioni per tutto ciò che riguarda la musica, il disco, lo strumento musicale, l'edizione e il libro.
È un lungo periodo che rappresenta il formarsi di una generazione mentre le cento pagine del nostro mensile ne interessano certamente tre: quella dei giovanissimi, quella degli studiosi e dei collezionisti, e quella degli specializzati o nostalgici dei ricordi di un tempo.
"Musica e dischi" è stato il primo giornale tecnico del dopoguerra e il primo riferimento in Italia del disco fonografico.   Ricollegandoci all'antico "Corriere musicale" che era sorto nel 1930 e al quale specialmente nell'ultimo periodo apportammo una collaborazione regolare ed efficace [...] (creando) un vasto dizionario di musiche e di edizioni e un quasi completo catalogo di incisioni avvenute in questi ultim 35 anni [...]
 
Viviamo nell'epoca della velocità ma la posta viaggia oggi come al tempo delle diligenze mentre i telefoni, specialmente gli interurbani, rappresentano solo strumenti per eccitare il nostro sistema nervoso.   I motori dei cento all'ora sono nelle nostre città lunghe colonne di prigioni metalliche che ci privano di movimenti e di meditazione.   Tutti siamo in ritardo; non vi è chi non possa riconoscerlo.   In poche ore percorriamo migliaia di chilometri ma dobbiamo, per gli ultimi cento metri, allinearci in fila indiana e ascoltare lo scandir dei minuti che non sincronizzano più coi battiti del cuore.
Tempo di macchine ma epoca nella quale la macchina uomo è ancora quella che conta e che si rivela sempre più perfezionata e insostituibile.   Uomo che nonostante la collaborazione delle macchine riesce a risolvere da solo gli inevitabili problemi, superando le difficoltà che egli stesso si è via via creato nel vano tentativo di eliminarle.
Controsensi del progresso.
La civiltà è una difficile pianta che non fiorisce se non è innaffiata di sudore e di lacrime.   Certamente l'effetto di ogni progresso, spinto all'estremo, rappresenta inevitabilmente la sostituzione della materia allo spirito come pure la sostituzione delle cose alle idee.
 
Il lavoro!
L'attività..., dicono i saggi, è ciò che serve a far felici gli uomini.   Le nostre preoccupazioni tuttavia sono il dover dipendere dalle molteplici attività di uomini non sempre felici.
In quest'ultimo periodo abbiamo creato nuove specializzazioni che dovrebbero meglio definirci, per ciò che il nostro lavoro dovrebbe o vorrebbe rappresentare: ricerche di mercato e di iniziative, promozione di relazioni pubbliche, collaborazioni nazionali e internazionali.
Molti anni fa tutto questo era riassunto nelle parole: "Amore per il prossimo".   E cioè vicendevole aiuto.
Certo noi dovremmo imparare a capire che se gli uomini dipendono da noi, e noi dipendiamo da altri, è necessario cominciare a comprenderci.   E dovremmo inoltre saper tollerare negli altri quello che dobbiamo sempre proibire a noi stessi.
Questi principi semplicissimi sono diventati invece una complicata scienza.   Richiedono esami approfonditi, studi superiori, documentazioni, specializzazioni e diplomi.
La conclusione tuttavia dovrebbe essere una sola: "non fermare il lavoro degli altri se desideriamo che il nostro lavoro continui".   E convincerci che se siamo tutti rotelline dello stesso enorme ingranaggio, il più piccolo guasto può ritardare o arrestare migliaia o milioni di tante altre ruote.
Questo rappresenta il lavoro per tutti noi.
 
[...]
Ieri eravamo soli.   Oggi, allineati a cento e più periodici, possiamo in ogni caso considerare e concludere che il nostro compito, è sempre rimasto e debba rimanere sempre il medesimo: e cioè quello di seguire, valorizzare e documentare la musica e il disco in campo internazioanle.
Impegno che oggi nel nostro mondo, si è reso ancora più ansioso, spesso preoccupato, sempre pieno di contrattempi, di non facili problemi da risolvere e di continue improvvise incognite da chiarire quotidianamente.
Rappresenta pertanto forse per la sua stessa tradizionale continuità e sentita importanza un concentrato di problemi per i quali sentiamo precise responsabilità.   Problemi determinati dalle rivoluzioni industriali, dai terremoti di iniziative spesso sconcertanti e bizzarre, dagli assestamenti commerciali in questi tempi non per nulla economicamente tranquilli.
 
[...] Il complesso (210 numeri e circa 12.000 pagine) rispecchia per la nostra categoria la descrizione dettagliata del cosiddetto "costume" di un'epoca.
Per il nostro settore musicale, sono circa 16 volumi di storia, stampata di giorno in giorno che rappresentano una vasta ed originale enciclopedia di cronache massime e minime.
Epoca di musica riprodotta, la nostra: sussurrata o urlata.   Forse da ascoltare più che da cantare.   Come si conviene ai tempi moderni.
Da conservare e consultare, necessariamente.   Per noi e per coloro che, dopo di noi, giudicheranno le nostre voci e, forse, anche quelle delle nostre coscienze.
 
Mario De Luigi
("Musica e dischi", nr. 211 - gennaio 1964)