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sabato 23 giugno 2012

I VESTITI DI LUI - Cosa deve esserci in quel guardaroba



Occorre fare un piccolo piano, a seconda delle disponibilità, del tipo di lavoro e di vita.   Cinque capi essenziali per fare buona figura.

[...] Pensare a un "guardaroba essenziale" che consenta di non trovarsi mai a disagio, salvo poi aggiungere - una volta messe le basi - qualche "capriccetto" in più.   L'uomo quando si trova a dover fare piani di questo genere, ha di solito qualche difficoltà, non ci è tagliato; può forse sorprendere, ma recenti statistiche in campo nazionale ci dicono che una parte abbastanza notevole di articoli destinati agli abbigliamenti dell'uomo (circa il 20 per cento) viene comperata da donne che fanno l'acquisto da sole; lui torna a casa e si trova il pacco sul letto.   Continuano le statistiche a segnalarci che anche quando  è l'uomo che fa l'acquisto, in almeno la metà dei casi è la donna che ha consigliato, influito, o addirittura deciso.
Ecco dunque che per arrivare a un guardaroba da uomo "ragionato" ci sono cose che è bene che una donna, specialmente se è giovane, sappia per orientare le scelte comuni. 
Come dev'essere un guardaroba maschile?  Immaginiamo lui in canottiera e slip, davanti a un armadio spalancato e vuoto.   Che cosa ci dovrebbe essere in quell'armadio?   Di quali capi c'è stretta necessità?  Con quali altri potrebbe allargare le sue possibilità di scelta? 

Eccovi uno schema di orientamento, che prevede cinque capi indispensabili:
1 - Abito"da città, invernale" [...]
2 - Abito estivo [...]
3 - Abito invernale più impegnativo [...]
4 - Abito sportivo [...]
5 - Abito estivo leggerissimo [...] 

Passiamo ora a un guardaroba un pò più su, che può essere quello dell'executive, dell'uomo d'affari, dell'impiegato a più alto livello.   Dobbiamo aggiungere alla lista altri quattro capi di vestiario:

- Un abito da mezza stagione o da viaggio [...]
- Uno smoking [...]
- Un abito invernale da città [...]
- Un abito estivo da mattina [...] 

Entra in gioco, adesso, il criterio d'acquisto, cioè i motivi che si devono tener presenti quando si va a scegliere un tessuto.   Quattro sono i punti da non dimenticare (a parte i prezzi e l'altalena della moda):

- Il grado di "calore-ambiente", in cui si svolge la propria vita;
- Il grado di calore "personale";
- Le preferenze personali;
- L'uso cui l'abito sarà destinato.
[...]


Questa tabella può servire di orientamento al signore che, volendosi fare un abito nuovo, si trova sconcertato di fronte alla vastissima scelta che gli offre il negoziante, e persino al suo linguaggio tecnico. [...]
Come caratteristiche indichiamo quelle più spiccate: ROBUSTO significa di lunga durata all'uso, RESISTENTE significa che resiste allo strapazzo e quindi poco gualcibile, STRAPAZZO significa un impiego molto intenso e gravoso, non indica cattiva qualità.

 

domenica 27 maggio 2012

Non era un "miracolo"



Ci sono parole e frasi che hanno una fortuna del tutto ingiustificata. […] “miracolo economico”. Qualche maldestro giornalista straniero l’ha adoperata, del tutto a sproposito, per indicare la situazione economica italiana degli anni 1959-60, ignorando che la parola “miracolo” significa esattamente: “fatto che sfugge alle leggi ordinarie della natura e pare operato da forza soprannaturale”.
Nella situazione economica italiana di quegli anni non si è verificato niente di soprannaturale: era semplicemente successo che gli italiani laboriosi e di buona volontà, una volta apertosi lo spiraglio del Mercato Comune, guidati dall’iniziativa privata, si erano messi ad esportare allegramente, e ciò mentre le paghe modeste permettevano di battere i prezzi di concorrenza e mentre l’ordinamento fiscale – teoricamente spogliatore di ogni profitto – funzionava con una lentezza e un’imprecisione tali da consentire che i notevoli profitti fossero destinati attraverso l’autofinanziamento ai nuovi impianti. Con gli aumenti di produzione si riducevano i costi, tanto che si potevano gradatamente aumentare i salari, pur tenendo ancora testa alla concorrenza e soddisfacendo i crescenti consumi interni. Quando una situazione è in rapido sviluppo, è inevitabile che vengano a crearsi squilibri non facilmente controllabili; sarebbe stato dunque particolarmente necessario che proprio in quel periodo funzionassero gli elementi equilibratori.
Quali potevano essere gli elementi di equilibrio? Prima di tutto la consapevolezza degli imprenditori. Era giusto che essi partecipassero ai guadagni che stavano creando; dovevano però evitare quelle ostentazioni di cattivo gusto, che se pur nel complesso erano di scarso rilievo economico (e da un certo punto di vista perfino benefiche favorendo lo sviluppo della motonautica, del turismo, dell’artigianato di qualità, ecc.), si prestavano troppo facilmente ad esasperare l’impazienza di chi, tolto dalla disoccupazione, non si contentava più del pane, ma voleva subito companatico e molte altre cose.
Consapevolezza, misura e riserbo sono mancati in alcuni nuovi ricchi, e i cattivi esempi che vengono da poche persone in vista sono naturalmente sfruttati da chi ha interesse a generalizzare e ad esasperare i conflitti sociali.
Occorreva poi – era essenziale – che funzionasse la macchina statale dei controlli e del fisco.
Lo Stato moderno ha oggi tutti i mezzi di intervento per frenare le speculazioni e per intervenire intelligentemente nel processo di distribuzione delle ricchezze; si può dire che da noi lo Stato l’abbia fatto con cautela, intelligenza, tempestività? No, non l’ha fatto per niente.
Prendiamo l’esempio del Comitato Interministeriale dei Prezzi. Questo organismo poteva essere adoperato con energia ed oculatezza, ma il governo evidentemente non l’ha saputo usare a proposito. In uno Stato nel quale fioriscono un migliaio di Enti parassitari che alimentano solo se stessi, […]uno Stato nel quale i controllori sono pagati ufficialmente dai controllati e dove enti morali hanno approvvigioni sulle tasse, il controllo statale può diventare una burletta. […]
Lo sperpero del denaro pubblico, la lentezza dei provvedimenti non accrescono certo nei cittadini la voglia di pagare tasse più elevate, mentre la faciloneria, l’intrallazzo, l’accomodamento – insegnati, favoriti e imposti dallo Stato – dilagano in tutte le classi sociali.
[…]”perdonare” le malefatte economiche per il bene del partito, si è già avviati su una china dove è difficile fermarsi. [...]

Gianni Mazzocchi
("Quattrosoldi" - febbraio 1964)
 


sabato 5 maggio 2012

Tornano i forni a microonde con una nuova tecnica


Una decina d'anni fa i forni a microonde sembravano capricci da miliardari anche per gli americani; è vero che promettevano un arrosto in mezz'ora, ma costavano più di 1000 dollari (pari a 620.000 lire).
[...]

QUATTROSOLDI - gennaio 1964

QUATTROSOLDI - gennaio

Ritratto delle Sigarette Italiane



In primissimo piano, con un singolare effetto quasi tridimensionale, la sigaretta, croce e delizia del fumatore.   In tabaccheria, chi fuma trova ventotto pacchetti diversi di sigarette italiane: sa però  quanta nicotina c'è nella marca che preferisce?   Lunghi e minuziosi esperimenti compiuti con "macchine per fumare" ci consentono ora di fare interessanti confronti.



Chi fuma, fuma.   Lasciamo da parte questa volta il discorso su tutte le brutte cose che ci sono state dette, in questi ultimi anni, sul conto del tabacco.   Resta il fatto che la gente continua a comprar sigarette: parliamone dunque come se fosse un qualunque altro prodotto.


Parliamo anzitutto dei dati:
  • peso medio
  • lunghezza
  • calibro medio
  • porosità
  • tipo e lunghezza del filtro
  • nicotina sul tabacco secco
  • condensato di umido
  • condensato secco
  • nicotina del fumo
di come sono stati ricavati e di ciò che essi significano


le "Nazionali" rappresentano il tipico prodotto italiano, confezionato con tabacco torrefatto.   L'anno scorso si sono venduti in Italia 42,1 miliardi di pezzi delle varie Nazionali: questo consumo rappresenta il 73,76 per cento dell'intero consumo di sigarette in Italia, comprese le marche estere.


È tutto un mondo complesso e ancora in gran parte sconosciuto, quello del fumo e delle sue conseguenze.   Ci rendiamo conto delle ragioni che hanno spinto le autorità a vietare la pubblicità delle sigarette; però non vorremmo che un malinteso scrupolo inducesse a un generico silenzio sui tabacchi che, nonostante tutto, restano un prodotto di larghissimo consumo.