domenica 27 maggio 2012

Non era un "miracolo"



Ci sono parole e frasi che hanno una fortuna del tutto ingiustificata. […] “miracolo economico”. Qualche maldestro giornalista straniero l’ha adoperata, del tutto a sproposito, per indicare la situazione economica italiana degli anni 1959-60, ignorando che la parola “miracolo” significa esattamente: “fatto che sfugge alle leggi ordinarie della natura e pare operato da forza soprannaturale”.
Nella situazione economica italiana di quegli anni non si è verificato niente di soprannaturale: era semplicemente successo che gli italiani laboriosi e di buona volontà, una volta apertosi lo spiraglio del Mercato Comune, guidati dall’iniziativa privata, si erano messi ad esportare allegramente, e ciò mentre le paghe modeste permettevano di battere i prezzi di concorrenza e mentre l’ordinamento fiscale – teoricamente spogliatore di ogni profitto – funzionava con una lentezza e un’imprecisione tali da consentire che i notevoli profitti fossero destinati attraverso l’autofinanziamento ai nuovi impianti. Con gli aumenti di produzione si riducevano i costi, tanto che si potevano gradatamente aumentare i salari, pur tenendo ancora testa alla concorrenza e soddisfacendo i crescenti consumi interni. Quando una situazione è in rapido sviluppo, è inevitabile che vengano a crearsi squilibri non facilmente controllabili; sarebbe stato dunque particolarmente necessario che proprio in quel periodo funzionassero gli elementi equilibratori.
Quali potevano essere gli elementi di equilibrio? Prima di tutto la consapevolezza degli imprenditori. Era giusto che essi partecipassero ai guadagni che stavano creando; dovevano però evitare quelle ostentazioni di cattivo gusto, che se pur nel complesso erano di scarso rilievo economico (e da un certo punto di vista perfino benefiche favorendo lo sviluppo della motonautica, del turismo, dell’artigianato di qualità, ecc.), si prestavano troppo facilmente ad esasperare l’impazienza di chi, tolto dalla disoccupazione, non si contentava più del pane, ma voleva subito companatico e molte altre cose.
Consapevolezza, misura e riserbo sono mancati in alcuni nuovi ricchi, e i cattivi esempi che vengono da poche persone in vista sono naturalmente sfruttati da chi ha interesse a generalizzare e ad esasperare i conflitti sociali.
Occorreva poi – era essenziale – che funzionasse la macchina statale dei controlli e del fisco.
Lo Stato moderno ha oggi tutti i mezzi di intervento per frenare le speculazioni e per intervenire intelligentemente nel processo di distribuzione delle ricchezze; si può dire che da noi lo Stato l’abbia fatto con cautela, intelligenza, tempestività? No, non l’ha fatto per niente.
Prendiamo l’esempio del Comitato Interministeriale dei Prezzi. Questo organismo poteva essere adoperato con energia ed oculatezza, ma il governo evidentemente non l’ha saputo usare a proposito. In uno Stato nel quale fioriscono un migliaio di Enti parassitari che alimentano solo se stessi, […]uno Stato nel quale i controllori sono pagati ufficialmente dai controllati e dove enti morali hanno approvvigioni sulle tasse, il controllo statale può diventare una burletta. […]
Lo sperpero del denaro pubblico, la lentezza dei provvedimenti non accrescono certo nei cittadini la voglia di pagare tasse più elevate, mentre la faciloneria, l’intrallazzo, l’accomodamento – insegnati, favoriti e imposti dallo Stato – dilagano in tutte le classi sociali.
[…]”perdonare” le malefatte economiche per il bene del partito, si è già avviati su una china dove è difficile fermarsi. [...]

Gianni Mazzocchi
("Quattrosoldi" - febbraio 1964)
 


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