Ci sono parole e frasi che hanno una
fortuna del tutto ingiustificata. […] “miracolo economico”.
Qualche maldestro giornalista straniero l’ha adoperata, del tutto a
sproposito, per indicare la situazione economica italiana degli anni
1959-60, ignorando che la parola “miracolo” significa
esattamente: “fatto che sfugge alle leggi ordinarie della natura e
pare operato da forza soprannaturale”.
Nella situazione economica italiana di
quegli anni non si è verificato niente di soprannaturale: era
semplicemente successo che gli italiani laboriosi e di buona volontà,
una volta apertosi lo spiraglio del Mercato Comune, guidati
dall’iniziativa privata, si erano messi ad esportare allegramente,
e ciò mentre le paghe modeste permettevano di battere i prezzi di
concorrenza e mentre l’ordinamento fiscale – teoricamente
spogliatore di ogni profitto – funzionava con una lentezza e
un’imprecisione tali da consentire che i notevoli profitti fossero
destinati attraverso l’autofinanziamento ai nuovi impianti. Con
gli aumenti di produzione si riducevano i costi, tanto che si
potevano gradatamente aumentare i salari, pur tenendo ancora testa
alla concorrenza e soddisfacendo i crescenti consumi interni.
Quando una situazione è in rapido sviluppo, è inevitabile che
vengano a crearsi squilibri non facilmente controllabili; sarebbe
stato dunque particolarmente necessario che proprio in quel periodo
funzionassero gli elementi equilibratori.
Quali potevano essere gli elementi di
equilibrio? Prima di tutto la consapevolezza degli imprenditori.
Era giusto che essi partecipassero ai guadagni che stavano creando;
dovevano però evitare quelle ostentazioni di cattivo gusto, che se
pur nel complesso erano di scarso rilievo economico (e da un certo
punto di vista perfino benefiche favorendo lo sviluppo della
motonautica, del turismo, dell’artigianato di qualità, ecc.), si
prestavano troppo facilmente ad esasperare l’impazienza di chi,
tolto dalla disoccupazione, non si contentava più del pane, ma
voleva subito companatico e molte altre cose.
Consapevolezza, misura e riserbo sono
mancati in alcuni nuovi ricchi, e i cattivi esempi che vengono da
poche persone in vista sono naturalmente sfruttati da chi ha
interesse a generalizzare e ad esasperare i conflitti sociali.
Occorreva poi – era essenziale –
che funzionasse la macchina statale dei controlli e del fisco.
Lo Stato moderno ha oggi tutti i mezzi
di intervento per frenare le speculazioni e per intervenire
intelligentemente nel processo di distribuzione delle ricchezze; si
può dire che da noi lo Stato l’abbia fatto con cautela,
intelligenza, tempestività? No, non l’ha fatto per niente.
Prendiamo l’esempio del Comitato
Interministeriale dei Prezzi. Questo organismo poteva essere
adoperato con energia ed oculatezza, ma il governo evidentemente non
l’ha saputo usare a proposito. In uno Stato nel quale fioriscono
un migliaio di Enti parassitari che alimentano solo se stessi, […]uno
Stato nel quale i controllori sono pagati ufficialmente dai
controllati e dove enti morali hanno approvvigioni sulle tasse, il
controllo statale può diventare una burletta. […]
Lo sperpero del denaro pubblico, la
lentezza dei provvedimenti non accrescono certo nei cittadini la
voglia di pagare tasse più elevate, mentre la faciloneria,
l’intrallazzo, l’accomodamento – insegnati, favoriti e imposti
dallo Stato – dilagano in tutte le classi sociali.
[…]”perdonare” le malefatte
economiche per il bene del partito, si è già avviati su una china
dove è difficile fermarsi. [...]
Gianni Mazzocchi
("Quattrosoldi" - febbraio 1964)
("Quattrosoldi" - febbraio 1964)
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