venerdì 18 maggio 2012

La congiuntura

Abbiamo rivolto al presidente del Senato Cesare Merzagora tre domande sulle attuali difficoltà economico-finanziarie, per una semplice diagnosi della situazione.

1) Come e perchè è nata la paura dei risparmiatori?

- Si è dimenticato che il capitale ha le orecchie del coniglio, le gambe della lepre e la memoria dell'elefante; quando lo si minaccia con prospettive pericolose, cerca istintivamente riparo nascondendosi nel materasso, trasformandosi in beni solidi e, infine, fuggendo. La minaccia, indubbiamente c'è stata.
Si è parlato, per esempio, della possibilità di una imposta patrimoniale (e bene ha fatto Tremelloni recentemente a smentirla).    Ora se lei pensa che le aliquote della tassa di successione sono rimaste le stesse per dei capitali che una volta rappresentavano la ricchezza e oggi non sono, in termini monetari di anteguerra, che un modesto risparmio; e se pensa che queste aliquote nelle successioni più naturali, fra padre e figli, e su capitali medi, falciano il 50-60 per cento dell'asse ereditario, lei può capire le reazioni de parte di molti capifamiglia.
Si è parlato, molto vagamente, da tempo, di "disincentivi" per determinate produzioni considerate superflue o di lusso e, fra queste, vi era tutta la gamma degli elettrodomestici (dal frigorifero al televisore), le auto utilitarie, i fuoribordo, le moto eccetera, e persino le macchine per cucire!  Tutte cose entrate, ormai nell'uso della vita moderna che si vendono a rate e che danno pane e lavoro a molte centinaia di migliaia di operai.   È chiaro che chi ha una fabbrica di "prodotti minacciati" non è portato ad ampliare le proprie installazioni, ma teme anzi di doverle ridurre.
Si è parlato anche della nomina di una commissione per l'abolizione del segreto bancario.
Si è parlato infine di riforme di struttura in termini troppo vaghi e minacciosi.
E si continua a parlare di svalutazione in atto mentre il bilancio statale, carico di spese, gronda "deficit" da tutte le parti. [...].     Il movimento sindacale ha preso in questi ultimi tempi un'ampiezza sconcertante anche per lo Stato che, ormai, è diventato il più grande datore di lavoro. I costi sono in aumento, la competitività con l'estero in diminuzione, la spirale dell'inflazione sempre più   minacciosa.   Sembra poi che un senso di irresponsabilità pervada tutte le categorie, nessuna esclusa. [...]

2) Lei chiede il mio pensiero sulla attuale politica creditizia italiana?

-
Essa è passata [..] da una larghezza eccessiva e incoraggiante, che ha gonfiato gli investimenti a dismisura, ad una drastica e indiscriminata restrizione generale.
L'anno scorso e due anni fa i direttori di banca, incoraggiati dalla Banca d'Italia, buttavano sulle spalle dei loro clienti, anche se non lo volevano, il raddoppio dei crediti e dei castelletti di sconto; ora gli stessi hanno bloccato la parte dei fidi non utilizzata e richiedono, anzi, congrue decurtazioni, confermando una volta di più il vecchio adagio del banchiere che ti offre l'ombrello quando c'è il sole e te lo leva quando piove.
Così operando si ottiene una selezione del credito alla rovescia, perchè è chiaro che una banca che ha dato miliardi ad un Ente statale immobilizzato o ad una grossa azienda privata in cattivo stato, nemmeno richiede ad essi il rientro del credito sapendo di non ottenere nulla, mentre invece preme fortemente sulla clientela buona, che può restituire e che viene, pertanto sacrificata.
Le restrizioni totali di credito incidono, sì, sui consumi [...], ma  a me, come uomo politico con responsabilità non di governo ma di regime, preoccupa il fatto che ridurre i consumi popolari con pagamento a rate significa ridurre la produzione.   Ridurre la produzione significa licenziare maestranze operaie.   Licenziare maestranze operaie significa la ripresa del flagello della disoccupazione e della fame.
Lei sa che in tutta la Valle Padana vi sono migliaia e migliaia di piccole e medie fabbriche, sorte come funghi in questi ultimi anni, per l'iniziativa di valorose persone.   In esse hanno trovato lavoro non soltanto gli elementi locali, ma anche quei meridionali (calabresi, pugliesi, siciliani, eccetera) che hanno lasciato il loro paese d'origine con le lacrime agli occhi. 
Questa povera gente, dopo aver tanto sofferto, ha trovato finalmente un pane ed un principio di tranquillità.
Il primo problema italiano, oggi come sempre, rimane in via assoluta, a mio avviso, la piena occupazione operaia che deve essere mantenuta a qualunque costo.

3) Lei chiede il mio pensiero sui mezzi coi quali lo Stato potrà fronteggiare il suo fabbisogno finanziario?

- Non riesco a vedere questi mezzi.
Vediamo piuttosto com'è composto lo straordinario fabbisogno statale.   È composto:
a) Dai fondi necessari al funzionamento dell' ENI, dell' ENEL, dell' IRI;
b) Dai fondi occorrenti per fronteggiare in agricoltura i mutui all'1% a favore dei mezzadri nonchè le migliorie, le trasformazioni fondiarie degli enti di riforma;
c) Dai fondi necessari al finanziamento di tutti i ben noti progetti di riforme strutturali.
Si tratta di migliaia di miliardi.
È escluso che il mercato possa assorbire una parte notevole di questo immenso fabbisogno; e se non vi sono possibilità di collocamento di obbligazioni o di prestiti allo Stato non rimangono che due passaggi obbligati: l'aumento delle tasse e l'inflazione.   Il primo non crea ricchezza, la seconda distrugge la ricchezza.
Tutti ormai sanno che finanziare anche i più brillanti programmi con l'inflazione rappresenta, in definitiva, una truffa e che i vantaggi realizzati sono sempre inferiori ai danni economici e sociali che ne conseguono.
Dobbiamo semplicemente fare il passo secondo la gamba, rivedere tutte le spese, eliminare le infiltrazioni politiche nei ministeri e negli enti, dare l'esempio della parsimonia prima di imporla agli altri e soprattutto dobbiamo ristabilire ad ogni costo e con ogni mezzo un pò di fiducia in tutti.

Cesare Merzagora
("reportage '64" - dono della "Domenica del Corriere" ai suoi abbonati, novembre 1964)

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