domenica 17 marzo 2013

Perchè impazziscono così? (EPOCA - 26 gennaio)



Grida, pianti, svenimenti, risate isteriche, poltrone fracassate, una platea di adolescenti trasformata in una specie di selvaggia assemblea dedita a primitivi e furibondi riti...    Qui siamo in Gran Bretagna, e a scatenare la follia collettiva sono i celebri Beatles, i quattro cantanti con i capelli a frangetta.   Ma scene analoghe si registrano ormai in tutto il mondo.   Cambia via via lo "stregone": oggi è un singolo cantante, domani è uno dei mille "complessini" che suonano, gridano e saltano, ma il risultato è sempre lo stesso, irrazionale, furente, incomprensibile.   Che cos'è che scatena questi giovanissimi, queste ragazzine che appaiono come prese da un tumultuoso e pauroso bisogno di annientarsi in una disperata adorazione?



A quali segreti sottofondi fa appello la musica o il canto, per "liberare" questa specie di pazzia di massa?   È un fenomeno che non riusciamo a comprendere , a al quale finora i sociologi, gli educatori e i medici hanno dato spiegazioni incomplete.   C'è qualche cosa che non conosciamo ancora, nei giovani d'oggi.   Qualche cosa di diverso dalla prontezza all'entusiasmo che tutte le generazoni hanno conosciuto in gioventù.   O forse questa prontezza si associa, nei ragazzi d'oggi, a confuse ma violente sensazioni di insoddisfazione, che musica e grida esaltano, facendole straripare oltre le barriere dell'autocontrollo?   Queste manifestazioni, che a noi appaiono come un pauroso salto all'indietro, verso l'età remota degli idoli, sono forse il segno di qualcosa di nuovo nell'animo dei giovani, detto però in un linguaggio che non sappiamo ancora interpretare.



Anche queste immagini sono state scattate a un concerto dei Beatles, all'insaputa degli spettatori.   Ma essi, ormai non badano a chi li osserva.   Sui loro volti, nelle loro espressioni senza più controllo, si manifesta l'irrazionale e preoccupante potere di quella musica e di quelle grida.   I loro atteggiamenti esprimono contemporaneamente gioia, ansietà, sofferenza e disperazione.   Non sono più "spettatori": sono vittime, del tutto incapaci di giudicare, ed anzi freneticamente liete di subire, di obbedire agli ordini - per noi indecifrabili -  contenuti nei rumori e nelle voci che vengono dal palcoscenico.


Sono bravi ragazzi e brave ragazze, hanno il volto e l'età dei nostri figli.   Ma basta cha appaiono in teatro gli "idoli" del momento, ed eccoli trasformati in una folla demente, eccoli diventati subito paurosamente "estranei" a noi.

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