venerdì 10 febbraio 2012

Il gergo dei giovani (dalla rubrica radiofonica)

CASA NOSTRA : circolo dei genitori - Progr. Nazionale, domenica 9 febbraio, ore 11,25





Sul gergo dei giovani d'oggi sono stati scritti numerosi articoli. Sovente la gioventù si esprime con frasi incomprensibili per gli adulti, frasi in apparenza astruse, ma che, quando sono esaminate bene nei termini che le compongono, risultano la felice sintesi di un elaborato pensiero. Gli adulti spesso sono irritati da questo Gergo dei giovani, perché ritengono che i ragazzi, usando questo linguaggio scarno, disimparino la lingua e limitino le loro capacità di espressione. Si irritano soprattutto perché i loro genitori, gli adulti, si sentono esclusi da questa specie di setta iniziatica giovanile che parla una lingua “a chiave” che pone quindi i figli al riparo dalle osservazioni dei genitori stessi.
Non è una novità che i giovani abbiano un loro gergo. D’altra parte, è interessante esaminarlo, questo modo comune di esprimersi di gruppi di ragazzi e ragazze, perché presenta degli aspetti idonei ad illuminare la psicologia giovanile più di altri fenomeni che oggi pure vengono studiati.
Sull’argomento “il gergo dei giovani” abbiamo ascoltato giovani dai 15 ai 18 anni, studenti, impiegati e operai.
Il moderatore dell’incontro, prof. Dino Origlia, docente di Psicologia dell’età evolutiva e Pedagogia all’Università statale di Milano.

Prof. Origlia:
“Approvate che i giovani abbiano un loro gergo o ritenete che a volte esso presenti aspetti sgradevoli?”
Studentessa sedicenne:
“Io trovo che il gergo dei giovani non ha aspetti propriamente sgradevoli; però io non lo approvo, perché il più delle volte si limita ad esprimere frasi piuttosto piccanti che, in bocca a una ragazza, secondo me, non stanno bene.”
Studentessa liceo linguistico:
“Anche io ho sedici anni, ma la penso in modo diverso. Il gergo dei giovani è qualcosa davvero di individuale, di personale, e anche una ragazza può usarlo senza abbandonarsi necessariamente a frasi piccanti. Noi in classe siamo tutte ragazze e usiamo il gergo per non far capire agli altri quello di cui stiamo parlando.”
Studentessa diciassettenne:
“Capita che molti ragazzi usino il gergo non per snobismo come tutti credono, ma per una forma di timidezza. Una frase in apparenza cinica serve a nascondere la propria timidezza non solo agli occhi degli adulti, ma anche agli occhi degli altri giovani.”

Prof. Origlia:
“Potete darmi qualche esempio di gergo”.
Prima studentessa:
“Di una ragazza molto carina si dice che “è uno schianto”. Se una cosa va male, si dice che è “una frana”. “Frana” può essere il compito in classe andato male quanto un ragazzo carino che si vede la mattina sul tram. “Frana”, insomma, è tutto ciò che provoca uno sconvolgimento”.

Prof. Origlia:
“Frequentissimo infatti è l’uso di frasi iperboliche, tipo “Mi piace da morire”, “da matti”, “da infarto”, “al 150%”. Questo linguaggio che agli adulti sembra senza pudore, in fondo è un modo di nascondere i sentimenti con un gergo. Ci è stato detto poco fa, infatti, che il gergo nasconde un fondo di timidezza, di pudore dei sentimenti”.
Prof.ssa Angiola Colasanti:
Io ho fatto una piccola inchiesta fra le mie scolare, tutte dai 15 ai 18 anni, e mi risulta che il gergo è usato soprattutto verso i 15-16 anni.    A 18 anni lo si abbandona e viene giudicato un modo piuttosto infantile di esprimersi. Dall'inchiesta è risultato, per esempio, che in una classe di 30 ragazze soltanto 8 o 10 usano abitualmente un gergo; le altre lo usano di tanto in tanto. Ho notato con interesse che le mie scolare creano associazioni strane: formano frasi di gergo applicando alla vita reale nomi propri o aggettivi o nozioni imparate a scuola. In fondo, hanno bisogno di variare l'atmosfera un po' monotona della scuola proprio nell'ambito della scuola stessa, divertendosi in maniera scherzosa, modificando i significati di certe parole, facendo associazioni di vocaboli estrose e interessanti. Per esempio, per dire che uno è analfabeta, dicono “è un Carlo Magno”, perché hanno saputo che Carlo Magno non sapeva scrivere. Oppure, con immagine davvero felice, chiamano “Caronte” l'autobus dei pendolari, di quelli che ogni giorno vengono a lavorare in città. A volte, prendono in giro noi insegnanti, il nostro modo di esprimerci, gli atteggiamenti che assumiamo in classe; ma questo, in fondo, è un modo, sia pure ingenuo, di esprimere interesse per quello che noi diciamo. A me, come insegnante, non dispiace. Naturalmente, presenta degli aspetti negativi: l'uso del gergo può impoverire il linguaggio perché i giovani ricorrono sempre a moduli fissi, a frasi stereotipate; molti insegnanti di lettere sostengono che da qualche anno a questa parte i ragazzi nei componimenti in classe si esprimono con minore ricchezza di vocaboli e infiorano i temi di frasi fisse che, naturalmente impoveriscono il linguaggio. Questo è un lato della medaglia; però c'è anche il rovescio. Di positivo c'è il gusto dell'associazione a volte divertente, estrosa, quasi il gusto dell'irreale, la tendenza a trovare una situazione concreta servendosi di parole. Certo, se i ragazzi usano tutto il giorno il gergo, non sanno esprimersi altro che con il loro gergo, non sanno esprimere degli autentici sentimenti o dei concetti, c'è di che preoccuparsi; ma finché l'uso del gergo resta nei limiti di uno dei tanti aspetti della loro vita, è soltanto un “loro” modo di esprimersi, la cosa non deve preoccupare, anzi è interessante e positiva.”


Prof. Origlia:
“Cosa pensate di quei genitori che, per adeguarsi ai figli cercano di usare qualche voltra il loro gergo?”
Uno studente:
“Io penso che i genitori imitano i giovani per il desiderio di rimanere più vicini a loro. Ma è un avvicinamento solo esteriore.”
Una studentessa sedicenne:
“Sono ridicoli, ma anche un po' patetici. Soprattutto le persone che non vogliono arrendersi all'età cercano di mettersi sul piano dei figli."
Un ragazzo quindicenne:
“ A me pare che se i genitori delle volte usano il gergo dei giovani, fanno bene. Non fanno altro che adattarsi al nostro modo di parlare e forse così si sentono più giovani.”
Studentessa diciassettenne:
“In casa mia non è mai capitato, ma se dovesse succedere non riderei, anzi proverei un senso di tenerezza, penserei che un giorno dovrò diventar vecchia anch'io e forse mi comporterei nello stesso modo.”

conclusione del Prof. Origlia:
“Il gergo dei giovani è innocuo. Può essere forse un po' pericoloso sul piano intellettuale, se viene usato come unica lingua; ma altrimenti, va considerato nei giovani come elemento di estrosità, di immaginazione e di quel poco di esibizionismo che fa parte della natura umana.”

dalla rubrica radiofonica di Luciana Della Seta

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