Alexis Korner and his Blues Incorporated Orchestra
testi: S.G. Biamonte, R. d'Intino
presenta: Nicoletta Orsomando
regia: Walter Mastrangelo
Questa settimana in Jazz in Europa sarà di scena un gruppetto di musicisti inglesi guidati dal chitarrista Alexis Korner, noto agli appassionati anche come scrittore e studioso autorevole del folklore negro-americano. A qualcuno potrà sembrare strano che "il fuoco" del jazz sia penetrato negli animi tradizionalmente compassati degli inglesi, ma è un fatto che questa musica è popolarissima in Inghilterra, come forse in nessun altro paese d'Europa. C'è per esempio un certo tipo di jazz, chiamato "trad" (cioè un jazz tradizionale un pò meno serio e più spettacolare) che fa concorrenza alle canzoni. I musicisti che lo suonano (Chris Barber, Kenny Ball, Acker Bilk, ecc) sono diventati famosi con le loro giacche a righe, i gilè a quadrettoni e le bombette. Altro sottoprodotto del jazz molto popolare in Inghilterra è lo "skiffle", una musica fragorosa e pasticciona, suonata con vecchie pentole, imbuti, assi da bucato, bidoni per la spazzatura e altri strumenti "fatti in casa".
Ma c'è anche, si capisce, il jazz genuino, quello con tutte le carte in regola: il jazz dei Ted Heath, dei Johnny Dankworth, degli Humphrey Lyttleton, dei George Shearing, ecc. E ci sono solisti come Tubby Hayes e Victor Feldman, che hanno una quotazione internazionale pari a quella di molte vedettes statunitensi.
Alexis Korner fa parte, appunto, della schiera dei musicisti inglesi più preparati. Autore di scritti molto interessanti, è stato amico e allievo del celebre cantante di blues Big Bill Broonzy, ed è un chitarrista e mandolinista di valore. Nella trasmissione di questa settimana, suonerà con i sassofonisti Hekstal Smith e Arthur Themen, il pianista John Parker, il contrabbassista Michael Scott e il batterista Phil Zeamen. Sarà della partita anche il cantante americano Ronnie Jones.
Il repertorio, che comprende temi inglesi e americani, verrà proposto dal complesso di Alexis Korner in uno stile ispirato più o meno liberamente a quello dei gruppi guidati dal Ray Charles prima maniera.
s.g. biamonte
(radiocorriere Tv - 1-7 marzo 1964)
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[...] sono uno studente universitario, appassionato di jazz da circa sei anni e ho fatto parte di quella schiera di fortunati mortali che il giorno tre marzo, hanno potuto godersi alla televisione l'esibizione del complesso di Alexis Korner, presentato come uno dei più seri jazzisti britannici. Sorvolo sulle solite domande, solitamente stupide, che vennero rivolte al multi forme Alexis e che culminarono con la perla: "In Inghilterra piace il blues?".
È piuttosto sui musicisti che vorrei soffermarmi, Korner entrò vestito da buffone, credendo forse che gli spettatori non avrebbero capito ciò che era: i suoi compagni non erano da meno: il sassofonista, poverino, sembrava tanto un bambino caduto dal seggiolone col cucchiaino in bocca; il contrabbassista solitamente non si sentiva, in compenso però suonava anche male. Il batterista era un caso a se stante: aveva litigato col suo tamburo ed era giusto perciò che si sfogasse a martellate. Il cantante, di cui non ricordo il nome (imperdonabile dimenticanza!) ricordava molto Conway Twitty, con la differenza che aveva meno voce. Lì per lì, sentendo questo complesso, mi venne il dubbio che ciò che stavo ascoltando fosse un jazz all'acqua di rose (amorevole eufemismo), dubbio però che venne fugato con l'esecuzione dell'ultimo pezzo: un chiaro originale, autentico rock and roll. Lo sfarfallante Korner, stando a quanto disse la presentatrice, è stato allievo, niente meno, di Big Bill Broonzy: se le cose stanno così, bisognerà diminuire il valore del contributo che Big Bill diede al jazz.
Ora, mi chiedo come sia possibile mettere in onda una trasmissione simile. Non si poteva trovare niente di meglio? [...] Non stupiamoci poi se il jazz conta pochi appassionati (parlo di quelli veri, non di quelli che affermano il loro valore per questa musica, perchè dire così fa molto "chic", anche se poi mi rispondono che Duke Ellington, ora non ricordano bene, forse suona la tromba, come purtroppo, mi sono sentito dire). [...]
Franco C. (torino)
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La televisione, lo dico per scienza diretta, ha una terribile paura del jazz: ne è affascinata, lo teme, lo sopporta, vorrebbe propinarlo in dosi e forme edulcorate, mescolandolo anche a esibizioni di artisti quasi-pseudo-circa jazzistici e finisce talora, quando non si limita a semplici "filmati" di complessi, per presentarlo con imbarazzo, quasi scusandosi, a mezzo delle sue graziose annunciatrici, del disturbo che recherà ai non coimpetenti di jazz [..]
Testoni (direttore)
("Musica Jazz" - Lettere al direttore, luglio 1964)
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